Da cosa è ispirata la mostra Yōkai

Sul sangue di quarantamila teste di nemici mozzate si fondò la lunga Pax Tokugawa. Il 1600 segnò infatti la fine del periodo di guerre che vide la disfatta delle truppe avverse al generale Ieyasu Tokugawa.

L’assenza di guerre, allontanando i ricordi e gli orrori dei massacri del passato, favorì lo sviluppo di racconti epici che davano vita ad atmosfere cupe e terrificanti, come quella del rituale delle cento candele che si suppone sia stato inventato da alcuni samurai nel XVII secolo per dar prova del loro coraggio.

La mostra Yōkai si apre proprio con la sala immersiva che fa rivivere al visitatore questa spaventosa e leggendaria esperienza. Il rituale delle cento candele che iniziava dopo l’ora del tramonto e vedeva i samurai riunirsi in una stanza illuminata dalla luce di cento candele. Ognuno di loro doveva raccontare ai compagni una storia popolata di Yōkai, i mostri giapponesi appunto, con l’obiettivo di testare il loro coraggio spaventandoli a morte. Al termine della storia, chi l’aveva narrata doveva alzarsi, spegnere la candela di una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi nell’angolo più lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di racconti sempre più spaventosi e carichi di suspense.

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Allo stesso modo i visitatori faranno il loro ingresso in una stanza totalmente buia, illuminata soltanto dalla fioca luce di cento candele che proietteranno sui loro volti rosse ombre tremolanti. Le candele si spegneranno poi una ad una accompagnate dalla voce cupa di un vecchio samurai, morto dopo essere impazzito per aver incontrato un vero mostruoso Yōkai nella notte.

Una volta usciti dalla Sala delle cento candele, facendosi strada nelle fioca luce della mostra, i visitatori incontreranno le opere dei mostri sorpresi da voci, suoni, rochi racconti improvvisi ed evocazioni che metteranno in scena la paura degli antichi samurai che ascoltando le storie del terrore nella stanza ormai buia si chiedevano ogni volta:

Sono mostri che vivono solo nei miti e nelle leggende o rincasando da solo prima dell’alba, li incontrerò, ancora liberi di scorrazzare nella notte?”

Yōkai, Yūrei, Oni, Bakemono, Kappa e Tengu

In mostra la paura.

Le leggende giapponesi, sin dalle origini quando ancora venivano tramandate oralmente, sono popolate da mostri e spiriti. La parola Yōkai indica complessivamente tutte queste creature, ma anche la sensazione di paura e di stupore di fronte ad un evento straordinario, spiegabile solo presupponendo una presenza non umana. Nel periodo Edo (1603-1868) queste leggende acquistano valore letterario e i mostri che vi compaiono cominciano ad essere raffigurati da artisti famosi, sino a che, in epoche più vicine alla nostra, assumono caratteristiche sempre più concrete e fisse, attenuando il loro aspetto terrificante e diventando oggetti di intrattenimento.

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Queste entità sono molto diverse le une dalle altre. Ci sono gli Yōkai, creature inquietanti, apparizioni inspiegabili, che se hanno sempre un aspetto mostruoso, non sono però sempre malvagi. Hanno tutti poteri straordinari, divini, alcuni di loro possono mutare il proprio aspetto a piacimento. E poi ci sono gli Yūrei, fantasmi o spiriti di persone uccise in modo cruento, che non riescono ad abbandonare il mondo degli uomini, ancora assetati di vendetta verso chi gli ha fatto del male. Gli Yōkai interagiscono con gli umani in mille modi, spesso casuali, mentre Yūrei non danneggiamo mai un umano a caso, inseguono il loro assassino, cercano pacificazione.

Tra questi Yōkai, il cui termine indica letteralmente i mostri, s’incontrano i Kodama, spiriti delle piante, gli Omukade (centopiedi giganti e velenosi), gli immensi Kaiju (bestie solitamente provenienti dal mare), gli Oogumo (ragni delle caverne dalle dimensioni di vitelli che prosciugano i dormienti), i Bakeneko (gatti mannari-mammoni a due code), i Gama (rospi vampiri); o ancora i Bakemono, mostri mutaforma per nascita come le Jorogumo (avvenenti donne che rivelano alle vittime la loro reale natura di enormi ragni), e le Kitsune (sensuali donne volpi); i Tanuki, simpatici tassi trasformisti; i Kappa, esseri acquatici, che importunano le natanti; le Ningyo, sirene giapponesi la cui carne profumatissima può donare agli uomini giovinezza o morte atroce; Okiku, il fantasma inconsolabile che cerca il decimo piatto a lei rubato…

Questo mondo fantastico ha ispirato la letteratura e il cinema, i manga, gli anime e i videogiochi, basti pensare al gigantesco Godzilla, ai Pokémon mutaforma, alle creature create ad arte dal maestro Hayao Miyazaki o ai giganti antropofaci di Attack of Titans.

La mostra Yōkai raccontata dal suo curatore

La mostra è il frutto di uno studio che ha messo a confronto storici dell’arte, studiosi del folklore giapponese e professori di mitologia greca, teologia, leggende e storia della scienza occidentale e permetterà al visitatore di conoscere in modo approfondito le creature affascinanti, bizzarre e assolutamente non comuni che popolano le leggende giapponesi – sottolinea il curatore Paolo Linetti -.

Molti di questi spiriti provengono direttamente dalle pagine della mitologia e della cultura popolare, trasmessa attraverso le generazioni. Creature spaventose con poteri soprannaturali, alcune malvagie, altre benevole, alcune che preferiscono vivere in aree selvagge ed evitare gli esseri umani, altre invece che scelgono di vivere vicino, o tra di essi. I segreti di questo mondo saranno rivelati in un percorso che raccoglie stampe, libri antichi, abiti, armi, spade, un’armatura samurai, oltre a un nucleo mai visto di 100 meravigliosi netsuke.

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